– THE BEAUTY MOVEMENT –

Ogni cosa è Bellezza

Tempo di lettura: 6 minuti

Marco Nozza

Questa intervista è il dialogo di Martina Frattura con Making of Light sul suo progetto The Beauty Movement. Il percorso delle giovane lighting designer è attivo da qualche anno e punta alla scoperta dell’intimo legame tra la luce e la bellezza.

01 Mak 1
02 Mak 1 (1)

“La Mia Paura è Bianca” è un progetto artistico ideato con Eleonora Avino: cosa vi ha incoraggiato ad iniziare? Un mezzo per ricercare il proprio “io interiore” – nel profondo dell’anima – o scansionare persone anche ‘scomode’ nella vita, tuttavia con un lieto fine onirico a ‘luce bianca’… 

Scansione è sicuramente il termine giusto, ma in riferimento ad eventi più che alle persone. “Non c’è nulla che illuminato possa fare così paura” è sempre stato il payoff del progetto a due de La Mia Paura è Bianca. Nato nel 2012, entrambe giovani adulte e con molta voglia di esprimere il nostro parere sulle cose, ci siamo trovate a credere che i mezzi che avevamo avrebbero potuto fare la differenza: la macchina fotografica; la scrittura creativa; l’approccio alla luce come mezzo d’arte.

03 Mak 1 (1)
04 Mak 1 (1)

Settimanalmente vi ponete un tema da sviscerare, in seguito rappresentandolo in mondo tangibile e fruibile, in un’installazione site specific. È così?

Esattamente così! Da sempre con un’agenda fitta di impegni, ci prendevamo il lusso di fermare tutto una volta a settimana. Un gesto importante, ma ciò che sembrava togliere spazio e tempo ad altro, diventava fonte di ristoro e di nuove idee. E così, ogni sette giorni si sceglieva una fonte luminosa/un luogo/un tema da trattare. Ad esempio, ci ritrovammo in un parco fuori dall’orario di apertura (con il permesso del guardiano N.B.) a “tessere una trama luminosa” tra i rami degli alberi presenti. Due ore di installazione, venti minuti per scattare la foto giusta e poi si procedeva con lo smontaggio. Cosa ha bisogno di avere più luce nella tua giornata? Cosa necessita di più chiarezza? Con il rispondere a queste domande e nell’atto creativo di immaginare una realizzazione 3D dei nostri pensieri, già avveniva il cambiamento. Prendere coscienza di ciò che passa dentro di noi è un passaggio che evita l’identificazione con esso. Era già altro, era già fuori da noi, era già arte, era già luce.

05 Making Of Light Ogni Cosa è Bellezza Abeautifullight
06 Making Of Light Ogni Cosa è Bellezza Abeautifullight With The Ies Calgary Section

Gli stadi evolutivi “paura – luce bianca – bellezza” sbocciano nella tua personale e importante ricerca diventando “A Beautiful Light”. Ce ne parli?

Il filo conduttore è l’approccio alla luce come mezzo interdisciplinare e poliedrico. La Mia Paura è Bianca rivelava l’aspetto onirico della luce applicata all’arte e alla temporaneità, mentre il mio lavoro di Lighting designer si lega all’architettura e al permanere. L’unione di questi aspetti insieme agli studi sugli effetti non visivi dell’illuminazione hanno portato al mio progetto di ricerca. A Beautiful Light è una sfida sotto il grande cappello di due domande: si possono replicare gli effetti del “fascino” * in ambienti creati dall’uomo? Può la luce stimolare in questa direzione e quali dovrebbero essere le sue caratteristiche?

*una modalità di attenzione involontaria che non richiede sforzi e non ha limitazioni di capacità, di cui si fa esperienza in ambienti naturali.

07 Making Of Light Ogni Cosa è Bellezza Abeautifullight@sofia, Bulgaria
08 Making Of Light Ogni Cosa è Bellezza Abeautifullight Devices

Nelle note #WhereDoYouSeeTheBeauty hai tracciato un viaggio in diverse tappe avvalendoti di strumentazioni e dispositivi fondamentali per rilevare dati e sostenere i tuoi studi. In che modo ti rapporti con chi si presta all’indagine?  Scientificamente, come si compone il test cui li sottoponi? 

La prima parte della ricerca, quella di cui parli, aveva l’obiettivo di rispondere alla prima domanda e per questo avevo bisogno di trovare un modo di misurare l’attenzione diretta in ambienti chiusi. Presi in prestito l’idea di bellezza come mezzo per portare il “fascino” indoor, ovvero quella capacità innata dell’essere umano di rigenerarsi nel mentre che ci si trova in un’ambiente naturale, proprio ribilanciando i meccanismi dell’attenzione diretta, era ciò che volevo replicare. È per questo che resi la ricerca itinerante, credendo che la percezione della bellezza fosse soggettiva e facilmente condizionata da fattori esterni, come cultura società e religione. Prendendo spunto dalle ricerche svolte fino a quel momento nel campo della psicologia ambientale (al quale sono stata ampliamente esposta durante i miei mesi di ricerca alle Tu/E, l’Università Tecnica di Eindhoven), avevo creato un’esperienza ad hoc con strumenti wireless da poter portare con me, ovvero un lettore di onde cerebrali e un dispositivo per il rilevamento dell’umidità della pelle. 

Ogni volontario all’esperimento portava con se un cosiddetto “emblema di bellezza” che avrebbe dovuto poi fissare per 5 minuti in fase di registrazioni dati. A questo momento se ne affiancavano altri due baseline: un primo di osservazione di due immagini scelte da me, come ingresso al test; un ultimo chiamato “fast recall” che prevedeva la memorizzazione di quanto più lettere possibili tra le dieci che apparivano e sparivano dallo schermo di fronte.

Oltre 160 partecipanti al test ci hanno permesso di dire che sì, c’è una possibile correlazione tra bellezza e fascino e che potrebbe esserci la possibilità di simulare quest’ultimo in ambienti chiusi. Grazie all’incredibile lavoro del data analyst Massimiliano Mancini Tortora, infatti, a breve sarà pubblico il primo articolo riguardo questa fase, con il co-autoraggio del Professore Eduardo Gonçalves dell’Universita’ UNIDCOM – IADE di Lisbona e la Dr. Natalia Olszewska del gruppo IMPRONTA.

La prossima meta? Stai ricercando uno screening di risposte fisiologiche particolari?

Il lavoro prosegue con la risposta mancante alla seconda mancante e, finalmente, inserire la luce nell’equazione. Infatti, se durante il tour non veniva usata nessuna illuminazione artificiale registrando sempre entro l’orario di pranzo di ognuno dei 10 paesi raggiunti, ora un laboratorio è in fase di costruzione. L’attenzione diretta, infatti, si ritrova nell’ambito degli effetti acuti (o non circadiani) e non visivi dell’esposizione luminosa. Per questo, similmente agli ultimi studi sul ritmo circadiano, il laboratorio prevede di poter testare due spettri di luce specifici e, in aggiunta, due direzioni di luce. Verrà dunque ripetuto il test con l’emblema di bellezza di ognuno dei futuri volontari al test, sotto le quattro combinazioni spettro/direzione possibili, e mantenendo gli stessi strumenti di lettura e gli stessi bio-parametri da analizzare (Asimmetria temporale e parietale). 

Tamar Frank, light artist e molto altro, rappresenta un momento particolare della tua carriera artistica oltre che antropica. Desideravi poterla conoscere e apprendere molto, tant’è che sei volata ad Amsterdam, nel suo studio e …

… e come una spugna, catturare tutto ciò che poteva insegnarmi. A rafforzare il discorso della poliedricità della luce e della necessità di sperimentare tutte le varie declinazioni possibili, il propormi come assistente ad un’artista riconosciuta come Tamar Frank era una tappa necessaria. Avevo appena terminato uno dei più importanti e formativi tirocini del mio inizio carriera con Enrico Corelli di PLH Italia, al quale devo molto, che mi aveva dato la possibilità di crescere come designer in termini tecnici e scelsi di cambiare drasticamente esperienza, una volta terminata la prima. Per la prima volta mi ritrovai non solo in cantiere, ma in laboratorio, in barca, immersa in un canale (letteralmente, N.B.) stavo apprendendo quanto duro lavoro c’è dietro un’opera d’arte e la sua realizzazione.

09 Mak 1 (1)
10 Mak 1 (1)

Se ti dico RGB – Ponte del Pigneto, a cosa pensi?

Due nomi: Diego Labonia, insostituibile direttore del festival Roma Glocal Brightness; Gisella Gellini, docente del Politecnico di Milano. L’esperienza olandese insieme al riscontro che La Mia Paura è Bianca aveva avuto, aveva permesso al progetto di crescere ed espandersi, fino a partecipare ai festival della luce. RGB fu il primo interamente di settore e il Ponte del Pigneto fu la prima delle due edizioni a cui partecipammo. Una sfida in pieno stile de La Mia Paura, con chilometri di filo a chiudere uno dei punti di Roma più cari a Eleonora e la prima volta che, dal vivo, vedevamo la reazione di un grandissimo numero di passanti alle nostre opere. Il potere della luce, anche ai non addetti ai lavori, è enorme e lo stupore che genera è sempre esso stesso arte. La sensazione di intangibilità che regalò quell’opera ci portò ad essere invitate una seconda volta, con un’opera più’ grande e più articolata che ci garantì un posto nel libro Light Art in Italy di Gisella Gellini nel 2017. Avevamo appena ricevuto un megafono per parlare attraverso la luce.

Cosa significa per te Bellezza? Dove o in cosa, in particolar modo, la trovi?

Anche qui, due risposte: in ogni dove; in ogni lato. Apparentemente sono la stessa cosa, ciò che per me le differenzia è la consapevolezza. Un po’ per tutti, questa è una domanda a trabocchetto – e lo dico in funzione degli intervistati alla mia ricerca e oltre – perché non è di uso comune fermarsi a pensare alla bellezza. La viviamo più come qualcosa che capita, speriamo spesso, ma su cui non abbiamo molto controllo. Al chiedersi cosa reputiamo bello, spesso iniziamo a fare una lista di cose relative al passato, dalle più generiche e alla portata di tutti alle più specifiche alle nostre vite. Ma una volta che si diventa consapevoli del potere della bellezza, della sua natura di stato necessario al benessere di ogni essere umano, la si cerca – quindi si genera – ovunque, perché è proprio nell’atto di cercare che ci si pone nella condizione di scovarla.

Prima dei saluti finali: esiste ancora la Bellezza in ognuno di noi?

Scegliere la bellezza vuol dire essere individui attenti e coscienti. Sia in termini sociali che di design e progettazione, fare di nuovo spazio all’ approccio estetico permette di tornare a pensare a noi stessi e gli altri di forma olistica e non solo in termini funzionali. Un po’ come la luce ci insegna, non siamo solo uno dei ruoli che ricopriamo, ma nella consapevolezza di tutti i nostri possibili risvolti è la nostra bellezza.

Martina Frattura

Laureata in Interior Design al Politecnico di Milano e al KTH Royal Institute of Technology di Stoccolma con un Master in Architectural Lighting Design and Health, con una tesi specialista in collaborazione con la TU/e di Eindhoven.

Da settembre 2012 fa parte del progetto La Mia Paura è Bianca, un duo artistico che realizza installazioni luminose in loco ed esclusive.

Nel 2015 è stata coinvolta nell’anno Internazionale della Luce come co-ideatrice del libretto We Are Light, co-autrice Chiara Carucci, stampato e distribuito da IALD (International Association of Lighting Designers), di cui è membro.

È co-ambasciatrice di Women in Lighting-Portugal, in supporto della designer Paula Rainha nella creazione di workshop ed eventi nel territorio. Collabora anche con l’ambasciatrice italiana Giorgia Brusemini nel progetto WIL Italia e in altre sue attività. 

Dal 2017 dirige la ricerca “A Beautiful Light” che indaga l’utilizzo dell’illuminazione artificiale a supporto di un buon livello di attenzione. Attualmente lavora anche come progettista di illuminazione architettonica in Portogallo, per lo studio White Pure e come consulente per lo studio italiano IMPRONTA, neuroscienze applicate alla progettazione architettonica.

Nel 2020 viene inserita tra i 40 under 40, categoria dei migliori designers internazionali sotto i 40 anni di età.

(immagini courtesy: Martina Frattura)