Canone inverso

Luca Caizzi ci racconta l’arte di fotografare senza essere visto e di come si possano creare storie senza avere un brief. Risposte e fotografie che spiegano un percorso inedito, fuori da ogni canone consueto.

Se c’è, qual è la tua luce preferita? 

Sono certo che tutti gli esseri viventi abbiano una luce preferita. Anche le piante ci chiedono di essere esposte direttamente ai raggi del sole o di essere nascoste all’ombra per germogliare. Il mio cagnolino di 6 mesi, Viola, adora il sole che filtra attraverso le finestre in casa d’inverno, e gli angoli più bui e freschi d’estate. Adoro adattarmi alla luce che trovo negli spazi che vivono i personaggi dei miei racconti, che spesso e volentieri sono maestri di luce, e mi piace convertire a volte tecnologicamente la stessa ai miei interessi.

Dopo la laurea in Marketing hai fatto una scelta differente, la fotografia. Ce la racconti?

Ho sempre desiderato di lavorare nel mercato della comunicazione. Dopo il liceo, la scelta più responsabile mi sembrava la buona e solida facoltà di Economia e Commercio vicino casa, che mi avrebbe consentito di avvicinarmi all’obiettivo. Gli anni di università mi sono serviti a capire quello che non sarei voluto diventare e quello che non avrei voluto fare. Ho preferito approfondire e specializzarmi, diventando un piccolo ingranaggio in quel sistema complesso ed arzigogolato che è la comunicazione, accettando di essere parte di poche fasi del processo. Professando, ho imparato che gli ingranaggi sono molto più autori delle grandi leve esistenti.

Nei tuoi lavori è sempre riconoscibile la presenza di una storia. Come nascono questi fil rouge? 

Credo che l’aspetto più importante, parlando di immagine, che il nostro periodo storico ha bisogno di sviluppare sia la comprensione. Quando approccio ad una qualsiasi commissione, approfondisco, in termini di ricerca personale, il contesto in cui il personaggio o il brand vive ed abita. I dettagli e le sfumature della storia danno vita poi alla narrativa ed alla serie fotografica. Ci sono circostanze in cui produco un intera serie composta da molte più immagini e solo in fase di editing decido di eliminarle una parte rendendo il singolo ritratto o l’ambiente ricco di significato, alternando dunque un approccio prolisso ad un editing più sintetico.

La collaborazione con Flos come nasce? 

È più interessante il come continua la collaborazione con Flos rispetto a come sia nata. Parliamo di uno dei brand più illuminati (giro di parole perfetto) ed evoluti con cui io abbia mai avuto il piacere di collaborare. Ringrazio Flos per l’estrema professionalità e lungimiranza, nell’avermi dato la possibilità di esprimermi in diverse occasioni e termini. Durante l’ultimo Salone del Mobile 2019, ho realizzato una serie dal titolo “You are beautiful and this obsession is understandable” ponendo l’attenzione sui visitatori allo stand di Flos. Il brief non esisteva. Mi è stato solo chiesto di raccontarlo ed io dopo diverse ore di osservazione, ho deciso di parlare di coloro (tutti) che entrando nelle mura temporanee di casa Flos, muniti di telefono cellulare, scattavano fotografie per ricordare, senza mai, degnarmi di uno sguardo

“Le mie fotografie non vogliono andare al di là della superficie, sono piuttosto letture di ciò che sta sopra” (Richard Avedon). Cosa ne pensi? 

Non saprei. Non amo Avedon, non credo nei ragazzi prodigio e nel genio.

(immagini courtesy: Luca A. Caizzi)