– STORIE D’ARCHIVIO –

Le prime luci di Gianfranco Frattini

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Andrea Calatroni

Negli anni Cinquanta solo gli architetti disegnavano gli oggetti per la casa e le lampade. Il termine designer, nell’accezione attuale, non era ancora stato inventato ma già si intuiva la sua comparsa. Così Gianfranco Frattini lavorava in quegli anni, come un esploratore in terre sconosciute, si muoveva con facilità tra le diverse scale del progetto.

Grazie al grande lavoro di classificazione e ordinamento fatto dai figli Emanuela e Marco, Making of Light ha (ri)scoperto lampade e interni d’architettura che hanno definito un’idea di design unico e riconoscibile. Questo è il primo di tre articoli che narreranno la storia di un architetto annoverato tra i precursori del celebrato Design Italiano. Frattini, come i Castiglioni, Magistretti o Mangiarotti, hanno dato l’avvio ad una disciplina che da allora ha compreso ogni ambito antropico.

01 Gianfranco Frattini Firma
02 Archiviogianfrancofrattini Lighting Suspension 1950s 01

Nei primi anni Cinquanta ha disegnato la sua prima lampada a sospensione in vetro. Due gusci in vetro, quello superiore fumé e bombato, quello interiore opalino bianco e cavo per ospitare la sorgente. Un design semplice, estremamente funzionale, forse un po’ ingenuo ma dal grande effetto scenico, la luce è al contempo diretta e diffusa verso la superficie sottostante, ma allo stesso tempo si diffonde leggera verso l’alto. La doppia finitura crea un affascinante contrasto, quasi una gerarchia tra le parti. La geometria sinuosa della parte superiore è stata studiata per essere funzionale, contiene la sorgente, ma sfuggente allo sguardo, se ne percepisce la presenza e contemporaneamente l’assenza. 

Dopo questa prima esperienza nel mondo della luce Gianfranco Frattini si concentra sulla progettazione architettonica e sul disegno di imbottiti e mobili soprattutto per Cassina. Tornerà alla progettazione di sorgenti luminose solo nel 1961 con Arteluce. 

03 Archiviogianfrancofrattini Lighting Mod 535
04 Archiviogianfrancofrattini Lighting Mod 597

Per l’azienda milanese disegna due lampade da tavolo: Mod. 535 e Mod. 597. La prima è un cilindro ampiamente raccordato in vetro trasparente sostenuto da un piccolo ed elegante sostegno cilindrico in metallo plissettato. La base contiene e porta alla sorgente superiore il cavo arricciolato, esaltandone la valenza estetico/funzionale. La fonte luminosa è sostenuta da un offset in metallo del diffusore cilindrico e superiormente è concluso da un piano, sempre in metallo, forato a passo per la dispersione del calore delle 6 sorgenti. Questo tipo di asolatura dissipante è caratteristica, e identificativa, di molta produzione di quegli anni, così come le finiture pastello. Le fotografie non rendono al meglio le dimensioni reali, indicativamente intorno ai 40 cm di diametro, questo sta a significare una forte presenza scenica nello spazio domestico. 

La seconda lampada, la 597, è anch’essa cilindrica ma è giocata sull’evanescenza del paralume, realizzato con sottilissimi fili in cotone bianco. La struttura è un iperboloide in metallo cromato lucido chiuso superiormente da una superficie concava sempre in metallo riflettente. Un oggetto geometricamente complesso, ma di assoluta raffinatezza estetica. Le sette sorgenti, di cui sei poste sull’equatore della lampada sono filtrate dal paralume diffondono una luce morbida e indiretta estremamente delicata, la settima è alloggiata all’interno della superficie concava ed ha il bulbo argentato. Per questo modello Frattini aveva previsto tre configurazioni: tavolo, soffitto e terra. A plafone, come si vede sulle foto d’archivio, il diametro è minore ma l’effetto scenico è immutato. A terra, invece, era prevista una possente base in metallo nero, dalla testa alleggerita da mille fili del paralume.

05 Archiviogianfrancofrattini Lighting Pino Meroni 00
06 Archiviogianfrancofrattini Boalum Artemide Ballo 01

Nel 1964 disegna una abat-jour per la Pino Meroni di Cantù, una lampada giocata sul perfetto equilibrismo delle parti. Un anello toroidale in legno accoglie una grande sfera in vetro trasparente che a sua volta sostiene un alto paralume iperbolico in tessuto. Diverse curve si alternano in modo sinuoso e sensuale: convesso, sferico e concavo. Quello che stupisce è l’estrema pulizia formale delle parti, come la sfera in vetro non attraversata dal cavo di alimentazione. Narra la leggenda che per il paralume del primo prototipo venne usata una canottiera, forse poco elegante ma perfettamente funzionale. Questa lampada e la successiva mostrano concretamente la versatilità di Gianfranco Frattini, capace di passare dalle rassicuranti forme per Pino Meroni alla sperimentazione più spinta, con Livio Castiglioni, di Boalum. 

Già nel nome si intuisce la volontà di andare oltre, Boalum. Un seducente serpente luminoso avvoltolato dentro casa. L’oggetto è frutto di un’ispirazione nata osservando un tubo in PVC per la pulizie delle piscine e immaginandolo illuminato da mille lampadine. Ernesto Gismondi ha creduto subito in questo progetto e lo metterà in produzione nel 1970 che, salvo un attento aggiornamento tecnologico, è ancora in catalogo. “Grazie alla sua flessibilità, che la rende unica nella forma, può essere appoggiata a terra o su un tavolo, appesa o attorcigliata per inventare ogni giorno nuovi giochi di luce. Prodotta dal 1970 al 1983 e leggermente modificata nel 1999, oggi è stata ricostruita sostituendo le classiche lampadine con LED ad alta efficienza. Boalum fa parte di numerose collezioni di musei di design, a partire dal Museo d’Arte Moderna di Filadelfia o dal Museo del Design Italiano di Milano”. 

Quattro delle cinque lampade presentate sono facilmente riconducibili a Gianfranco Frattini, la quinta è, e rimarrà, un unicum nella storia personale e del design in generale. Boalum aprirà la strada, nella poetica dell’architetto, ad una maggiore sperimentazione formale e tecnologica, le lampade prodotte negli anni Settanta saranno il frutto di una continua ricerca sui materiali e le sorgenti. 


(Immagini courtesy: Archivio Gianfranco Frattini)