– INTERVISTE COL DESIGNER –

Le mille e una forma del design

01 Making Of Light Le Mille E Una Forma Del Design Domino 03
04 Making Of Light Le Mille E Una Forma Del Design Bean 05

Alberto Ghirardello ci racconta della sua collaborazione con 9010 e del nuovo materiale capace di assumere le mille e una forma del design. E dell’interessante “nuova vita” data a degli stecchini da cucina che dal limbo del lock-down sono diventati lampada.

Tre progetti con 9010 azienda veneta che ha inventato il BETALY®, un prodotto che permette di coniugare la serialità del design all’unicità del singolo pezzo. Ce li vuoi raccontare?

La ricerca sui materiali, la cura per i dettagli e soprattutto l’artigianalità degli ultimi passaggi della produzione di ogni singolo pezzo, unita ad una storia decennale nel settore, sono la cifra distintiva del marchio 9010, con cui ho avviato una collaborazione nel 2017 e che prosegue tutt’oggi. Per il 2020 l’azienda aveva deciso di rinnovare la sua offerta di prodotti outdoor con un numero importante di nuovi progetti tra segnapasso, paletti e applique / plafoni per esterni. In questo contesto sono nati Domino, Minù e Bean, che vogliono essere un’espressione delle potenzialità di questo materiale di loro invenzione e brevetto, il BETALY®, coniugate con un aspetto semplice ma non banale, in grado di dialogare con qualunque tipo di contesto outdoor in cui si andranno ad inserire.

Domino è una lampada a parete dalle forme estremamente semplici, quasi archetipiche: due volumi rettangolari pure e nette si compenetrano tra loro in maniera apparentemente casuale, generando un senso di asimmetria e movimento, quasi di caduta. Proprio grazie a questa sensazione, infatti, il progetto è stato battezzato come l’omonimo gioco di tessere allineate da far cadere in sequenza. Il BETALY® è un materiale estremamente versatile e preciso, con il quale si possono ottenere spigoli vivi e spessori ridotti: la scelta di due volumi puri e semplici, quindi, non è una casualità, bensì una scelta dichiarata per esprimere al massimo le potenzialità del materiale. Altra peculiarità è la possibilità di essere tinto in massa: proprio quest’anno l’azienda ha definito la nuova palette colori per l’outdoor, pertanto ho scelto di scomporre il volume dell’apparecchio in due distinti elementi dando quindi la possibilità di poterlo proporre anche in versione bicolore mixando liberamente le tinte in cui è disponibile.

Lo stesso concetto di doppia colorazione trova ancora più senso e spendibilità in Minù, paletto da esterno dalle forme spiccatamente femminili ispirato al mondo vegetale. La lampada infatti ricorda un fungo o qualche indefinita pianta o fiore, per integrarsi al meglio con il terreno su cui verrà collocata, e la doppia colorazione ne esalta la dicotomia di fusto e cappello. Formalmente parlando, Minù al contrario vuole raccontare ed esaltare la morbidezza e fluidità del materiale, e lo fa attraverso un aspetto accogliente ed organico in grado di conferire all’apparecchio una forte personalità senza però renderlo troppo didascalico. L’ampio cappello ha inoltre la funzione di nascondere alla vista il supporto orientabile della sorgente luminosa che potrà quindi essere direzionata a piacere per ottenere una luce più ampia o più contenuta a seconda delle esigenze.

Il terzo progetto outdoor è Bean, paletto da esterno disponibile in tre altezze (tra cui anche il formato faretto segnapasso) e che, al contrario degli altri due apparecchi, vuole comunicare un senso di solidità e fermezza. Per ottenere questa sensazione ne ho definito il disegno per sottrazione: a partire da un alto prisma a base quadrata, ne ho arrotondato la sommità per agevolare il deflusso dell’acqua piovana. Da questa forma ho ricavato, sempre per sottrazione, un incavo dalla silhouette morbida ma decisa, all’interno della quale trova posto la sorgente luminosa, orientata verso il basso in modo da illuminare indirettamente anche l’incavo che la ospita. Anche in questo caso le forme, semplici ma non banali, esaltano le possibilità del materiale, che in questo caso si presta a generare nello stesso prodotto sia spigoli vivi accentuati che morbide superfici raccordate.

05 Making Of Light Le Mille E Una Forma Del Design Flat 04
06 Making Of Light Le Mille E Una Forma Del Design Shard 02

Sempre per 9010 hai disegnato due lampade da tavolo per interni. Come nascono Flat e Shard?

9010 è ubicata a Nove, un piccolo comune in provincia di Vicenza, la mia città natale. Nove è uno di quei distretti che caratterizzano la produzione di piccole e medie imprese italiane, una realtà piccola in termini di km quadrati ma immensa in termini di produzione: è infatti una delle “città della ceramica” italiane, dove da secoli si produce ceramica decorativa. Il salto nell’innovazione da parte di 9010 è stato quello di prendere un materiale dalla tradizione secolare e migliorarlo attraverso la ricerca, implementandone le caratteristiche principali: è nato così il CRISTALY® un composto dalle altissime prestazioni meccaniche e durabilità.

Le due lampade da tavolo Flat e Shard sono il primissimo frutto della collaborazione tra l’azienda ed il mio studio, e sono entrambe nate grazie alla volontà del marchio di avviare una produzione di apparecchi luminosi decorativi, da affiancare alla consueta produzione da incasso, più tecnica ed essenziale nel linguaggio. Entrambe le lampade sono definite da una forma fortemente scultorea che vuole esaltare il materiale, caratterizzato da un’altissima durezza all’incisione e con cui è possibile lavorare su spessori anche molto ridotti.

Flat è descritta da elementi geometrici essenziali ed archetipici che la fanno apparire quasi astratta, bidimensionale, tanto da sembrare una illustrazione presa da un libro di geometria: un cilindro, che nasconde la sorgente luminosa, interseca un piano inclinato che diventerà stabile punto di appoggio dell’apparecchio generando una forma solida. Una geometria capace di mutare al variare del punto di vista di chi la osserva tanto da essere fruibile sia da un lato che dall’altro.

Shard invece è composta da superfici piane, secche e dalla spiccata verticalità, che terminano in maniera irregolare e lasciano intravedere l’interno: proprio come l’omonimo edificio progettato da Renzo Piano. La lampada ha un aspetto che suggerisce una spezzatura, una rottura secca che determina una dinamica alternanza di superfici interne ed esterne che si protendono verso l’alto.

In entrambi i progetti è stata fondamentale la definizione formale degli apparecchi. Figlia di un approccio volutamente e fortemente geometrico, supportato e implementato da una serie di modelli di studio per verificare proporzioni, equilibrio e corretto dimensionamento. Tutto svolto in diretto dialogo con l’ufficio tecnico dell’azienda, con la quale c’è stato un continuo scambio per tutta la messa a punto dei progetti.

07 Making Of Light Le Mille E Una Forma Del Design Primomaggio 2
08 Making Of Light Le Mille E Una Forma Del Design Primomaggio 4

Primo Maggio è una lampada ideata durante questa strana ma necessaria condizione ambientale, come è nata?

La quarantena di questa estate ha sicuramente portato con sé una frotta di svantaggi e aspetti negativi per tutti quanti, ne sono consapevole. Allo stesso tempo però, cercando sempre di cogliere il lato positivo delle cose, c’è da dire che il lock-down si è fatto vettore pure di alcuni aspetti positivi che non sono da sottovalutare, anche e soprattutto in vista del possibile secondo lock-down invernale. Tra i vari il più interessante, a mio avviso, è stato il sensibile incremento di quantità di tempo libero, seppur forzato, che ci siamo trovati a dover gestire, inventandoci di tutto per riempire i momenti vuoti delle giornate che scorrevano tutte uguali. Ecco, la maggior parte di questo tempo io l’ho impiegata per rimettere mano a progetti fermi nel cassetto da mesi se non anni, e per dedicarmi a qualche nuovo progetto ex-novo autocommissionato, libero dai consueti vincoli industriali e produttivi con cui sono abituato a confrontarmi ogni giorno nella mia professione. PrimoMaggio è nata proprio sulla scia di questa voglia di fare qualcosa di nuovo e che uscisse dai soliti binari azienda committente – briefing. Qualcosa di libero, che fosse il frutto di una riflessione proprio sulla situazione che, come tutti, stavo vivendo, e l’idea è venuta da sola, guardandomi intorno un pomeriggio in cucina.

Come tutti speravo di poter festeggiare il 1° Maggio all’aria aperta in compagnia dei miei amici, celebrando la Festa dei Lavoratori a suon di grigliata, birre e dolci fatti in casa. Con malriposta ma ottimistica lungimiranza comprai con largo anticipo le suppellettili necessarie alla preparazione del pranzo più bucolico dell’anno, ma poi l’ennesima ordinanza mandò in frantumi il programma, costringendoci a restare segregati in casa fino al 4 maggio. Morale della favola: mi ritrovo con una borsata di roba parcheggiata su una sedia in cucina che, penso, chissà quando potrò adoperare se le cose andranno avanti di questo passo, quindi decido di riporre il tutto. Faccio una cernita: OK, le teglie in alluminio le posso usare in casa per cucinare, tovaglioli di carta e il rotolo di pellicola sono sempre utili in cucina… ma gli stecchini per gli spiedini? Parlo di quei maxi-stuzzicadenti lunghi 30 cm e dal diametro di circa 3mm che, appunto, oltre ad asservire al loro scopo culinario non hanno senso di esistere.

Pensateci: a cosa possono servire? Oltre ad utilizzarli per mescolare la vernice nei barattoli non mi è venuto in mente nient’altro. Però ho pensato che, forse, con una stampante 3D potevo trovare un nuovo scopo a questi semilavorati dal difficile uso alternativo. Da qui è partito una sorta di auto-briefing per tenermi occupato: progettare qualcosa per dare una vita alternativa e non culinaria agli stecchini per spiedini.

Così è nato PrimoMaggio, un paralume realizzato in PLA con la tecnologia della stampa 3D FFF. Il progetto è molto semplice, infatti è costituito da un unico elemento dotato di un foro centrale per il passaggio del cavo del portalampada e di una corona circolare con 36 sedi conificate che ospitano altrettanti stecchini, da inserire semplicemente a pressione dal verso della punta.

L’unico impegno è quello di selezionare gli stecchini più dritti e dalla lunghezza più o meno uguale (i 30 cm dichiarati sono mendaci, variano fino a 1cm di differenza!) e in pochissimi passaggi la lampada è pronta. Utilizzata come sospensione basterà la forza di gravità a mantenere in sede il paralume, mentre per un utilizzo come lampada da tavolo sarà sufficiente stringere una fascetta da elettricista in prossimità dell’uscita del cavo dalla calotta per assicurare saldamente tra loro le due parti.

Con una semplice operazione di cambio contesto ho voluto modificare il significato di un oggetto umile e irrilevante, uno stecchino usa e getta in legno, in un componente estetico essenziale per connotare un duraturo e funzionale paralume. Tutto bellissimo, ma avrei preferito comunque fare una grigliata con gli amici.

09 Making Of Light Le Mille E Una Forma Del Designpolifemo 01
10 Making Of Light Le Mille E Una Forma Del Designpolifemo 03

Tre aggettivi sulla luce e tre sul design

• imprevedibile (non sempre, quando si progetta, si ottiene il risultato che ci si era prefissati)
• emozionale (la luce, a seconda dei contesti e con chi siamo, è in grado di influire sui nostri sentimenti)
• mutevole (proprio come l’acqua, la luce non è mai la stessa, cambia costantemente)
• stimolante (il binomio forma-funzione ormai è dato per assodato, il design deve saper fare di più)
• fruibile (non deve mai essere un esercizio fine a se stesso, dobbiamo ricordarci sempre che si progetta per qualcun altro)
• versatile (il design, inteso letteralmente come “progetto”, deve essere una disciplina in grado di spaziare in qualsiasi categoria merceologica)