– LUOGHI DA VISITARE –

Una Teca in collina

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Tutto è partito da un vecchio rustico abbandonato, da una collina e una domanda: cosa ne facciamo? Alberto Savio, proprietario dell’area e Federico Delrosso, architetto, decidono di creare un luogo nuovo. Un ibrido, metà abitazione e metà espositore. Così nasce Teca House, collocata sulla sommità di un poggio biellese. Prima dell’architettura viene definito il programma o manifesto che costruirà l’essenza della struttura, l’architettura ne è la risposta materiale. Teca House, negli intenti, dovrà relazionarsi col paesaggio e con la comunità grazie alla posizione strategica e orientata. Biella è situata a metà strada tra Milano e Torino, con questa architettura si candida a terzo polo culturale e di avanguardia architettonica.A

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Federico Delrosso descrive il progetto come “un intervento di inversione compositiva, che porta all’esterno, smaterializzandolo, un piccolo volume rustico preesistente dando vita ad una nuova funzione sul territorio. Dalle radici di un passato agricolo, ormai in disuso, di cui si mantengono i segni, nasce un’opera contemporanea, radicata nel territorio e in equilibrio con esso, ma al tempo stesso permeata di nuove possibilità di utilizzo”. Partendo da questa inversione progettuale, l’architetto disegna un volume in vetro e cemento, ispirato alla Glass House (Philip Johnson, 1949), e inventa un’architettura smaterializzata ma fortemente ancorata al suolo. La pietra a spacco dialoga con il vetro, opacità e trasparenza in dialogo continuo il tutto legato dalla luce naturale e artificiale.

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L’impianto architettonico nasce con l’intento di favorire i corretti apporti solari: la conformazione dei solai che si protendono allungati oltre la teca di vetro hanno lo scopo di proteggere dall’irraggiamento solare estivo, favorendone invece quello invernale. Inoltre, l’edificio segue perfettamente il sedime del precedente rustico, costruito basandosi sull’osservazione della natura e sui ritmi solari. Oltre al recupero della pietra originale proveniente dal rustico, reimpostata a creare lo zoccolo da cui sgorga la nuova architettura, Teca recupera anche il genius loci. Per costruire questo edificio sono stati impiegati materiali sostenibili e lasciati a grezzo, come il calcestruzzo per la struttura e pavimenti o il multistrato di betulla per arredi e rivestimenti. I grandi aggetti dei solai possono essere impiegati, grazie alle grandi finestrature completamente apribili, per relazionarsi direttamente col paesaggio, senza filtri.

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Le sofisticate soluzioni architettoniche e strutturali, pur non visibili esternamente, hanno consentito di integrare l’edificio con soluzioni e materiali altamente performanti. Come la soluzione studiata per integrare l’illuminazione nell’architettura. Le sorgenti scelte sono: Nulla (Davide Groppi, 2010) e Hashi (Federico Delrosso, 2017) entrambe prodotte da DavideGroppi. Gli incassi Nulla sono stati strategicamente posizionati sul perimetro interno e sulla mezzeria della soletta. Questa soluzione permette di creare un velo luminoso diffuso e avvolgente. La scelta dei corpi illuminanti è stata dettata dall’approccio minimal-naturalista voluto e realizzato dalla comune volontà di architetto e committente. La luce di Nulla e Hashi (3000 K) unita ai materiali dei rivestimenti, cemento grigio scuro e betulla naturale, trasforma Teca in un ambiente “caldo” e invitante, dove poter abitare, osservare o lavorare. Per esaltare l’aggetto delle due solette sono stati impiegati dei downlight DavideGroppi Bubka e Grillo, entrambi a luce calda (3000 K), scelti per esaltare le superfici lisce e naturali del cemento e rendere ancora più aerea la struttura. Quasi fossero due fogli sovrapposti e liberamente sospesi uno sull’altro.

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Gli arredi, fissi e mobili, sono stati disegnati o scelti per rispondere al meglio allo status ibrido del luogo. Tavoli e imbottiti sono prodotti Henry Timi e sono stati individuati in piena coerenza con l’architettura. “In questo progetto, la Teca custodisce l’uomo e le sue emozioni. Un punto di vista privilegiato e poetico, una totale immersione nella natura, quasi come se il fruitore fosse sospeso nel vuoto. Contestualmente essa lavora in negativo: lo sguardo è infatti rivolto dall’interno all’esterno, a indicare la centralità dell’essere umano” (Federico Delrosso)