– COMPASSO D’ORO –

1979 un anno tra Parentesi sull’Atollo

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Il 1979 per l’Italia è stato l’ultimo anno violento. Con gli anni Ottanta la crescita industriale e il primo benessere diffuso la società iniziava a richiedere prodotti esteticamente più belli e colorati. È il preludio degli anni Ottanta, quelli del cosiddetto Edonismo Reaganiano neologismo coniato da Gianni Vattimo per La Stampa. Con il 1979 finiscono anche gli anni marroni e si celebra l’undicesima edizione del Compasso d’oro che premierà due lampade diventate delle icone contemporanee. Sono la Atollo di Vico Magistretti (Oluce) e Parentesi Achille Castiglioni/Pio Manzù (Flos).

Tra le motivazioni generali ai premi è interessante evidenziare come la Giuria abbia “rilevato il fatto che taluni prodotti che possono essere considerati quali proposte di grande interesse strutturale al di fuori del loro aspetto edonistico non sono stati presentati; probabilmente per via di una mancata coscienza, da parte delle imprese, della loro validità e funzione innovativa nella concezione stessa del design, tenuto conto del rapporto tra l’evoluzione tecnologica e il mutato atteggiamento socioculturale e socioeconomico”. Un’altra considerazione è che, dopo un vuoto di nove anni e centottanta proposte, queste non siano state così coraggiose come ci si aspettava. Un cambiamento nei costumi che non tutte le aziende hanno forse saputo cogliere fino in fondo. Al contrario dei designer. Sfogliando l’elenco dei quarantadue prodotti vincitori saltano agli occhi dettagli, proporzioni e suggestioni di altissimo livello, come il Maralunga (Cassina) o le pentole Barazzoni.

Tra le motivazioni generali ai premi è interessante evidenziare come la Giuria abbia “rilevato il fatto che taluni prodotti che possono essere considerati quali proposte di grande interesse strutturale al di fuori del loro aspetto edonistico non sono stati presentati; probabilmente per via di una mancata coscienza, da parte delle imprese, della loro validità e funzione innovativa nella concezione stessa del design, tenuto conto del rapporto tra l’evoluzione tecnologica e il mutato atteggiamento socioculturale e socioeconomico”. Un’altra considerazione è che, dopo un vuoto di nove anni e centottanta proposte, queste non siano state così coraggiose come ci si aspettava. Un cambiamento nei costumi che non tutte le aziende hanno forse saputo cogliere fino in fondo. Al contrario dei designer. Sfogliando l’elenco dei quarantadue prodotti vincitori saltano agli occhi dettagli, proporzioni e suggestioni di altissimo livello, come il Maralunga (Cassina) o le pentole Barazzoni.

Il 1979 è anche l’anno in cui Sony inizia a produrre il primo lettore stereo portatile: il Walkman. Cambia l’idea di musica che ora cammina con noi evolvendosi fino a smaterializzare il supporto e diventando digitale. Nel febbraio dello stesso anno la sonda della NASA Voyager I fotografa per la prima volta il pianeta Giove da oltre 30 milioni di chilometri, si vede la grande macchia rossa e le correnti gassose.

Sul pianeta Terra, si riunisce la Giuria del Compasso d’oro composta da: Angelo Cortesi, Gillo Dorfles, Augusto Morello, Arthur Pulos e Yuri Soloviev. Una Giuria militante, dalla forte connotazione politico/culturale e dall’alta capacità critica sul momento storico in corso. Le due lampade premiate offrono spunti di riflessione sulla revisione tipologica delle lampade da tavolo e da terra.

Atollo è, con Eclisse, la lampada che tutti associano a Vico Magistretti che, come abbiamo visto nel precedente articolo, non piaceva essere identificato per un oggetto particolare (LINK AL 1967). Su questa lampada amava dire “cosa ti posso dire su Atollo? Che è fatta da una sfera, un cono e un cilindro e se ti dico questo, cos’altro vuoi aggiungere?”. E come dargli torto, ma credo al contrario che vi sia molto da raccontare su questa “splendida quarantenne”.

Sul pianeta Terra, si riunisce la Giuria del Compasso d’oro composta da: Angelo Cortesi, Gillo Dorfles, Augusto Morello, Arthur Pulos e Yuri Soloviev. Una Giuria militante, dalla forte connotazione politico/culturale e dall’alta capacità critica sul momento storico in corso. Le due lampade premiate offrono spunti di riflessione sulla revisione tipologica delle lampade da tavolo e da terra.

Atollo è, con Eclisse, la lampada che tutti associano a Vico Magistretti che, come abbiamo visto nel precedente articolo, non piaceva essere identificato per un oggetto particolare (LINK AL 1967). Su questa lampada amava dire “cosa ti posso dire su Atollo? Che è fatta da una sfera, un cono e un cilindro e se ti dico questo, cos’altro vuoi aggiungere?”. E come dargli torto, ma credo al contrario che vi sia molto da raccontare su questa “splendida quarantenne”.

Innanzitutto, il materiale e le finiture, in metallo o vetro e solo in quattro colori, questo per una sorta di rispetto delle forme pure e della materia. La scelta fatta da Magistretti è stata fatta per mantenere la perfetta leggibilità dei solidi sovrapposti. Nero o bianco, sabbia o ruggine (poi eliminate dal catalogo) per la versione in alluminio, opalino o trasparente (eliminato) per la versione in vetro. E come spesso accade alle lampade bestseller, all’interpretazione del designer si aggiunge quella dell’azienda, anche quando il “padre” non è perfettamente d’accordo. Atollo, abbiamo visto, nasce grande: H70 x 50 cm. In secondo momento si aggiunge l’oro e il vetro opalino e una terza variante dimensionale, non amata dall’architetto. Sul sito dell’archivio della Fondazione è possibile scorrere gli schizzi, velocissimi e completi, in perfetto stile Magistretti, inviati all’azienda per poi discutere di tutti i dettagli per telefono.

L’altra vincitrice è l’essenziale Parentesi disegnata da Achille Castiglioni con Pio Manzù (1939-1969), ovvero l’incontro tra un maestro del design con un maestro della carrozzeria moderna. L’idea di Manzù è quella di un cilindro in metallo, con sorgente luminosa, scorrevole lungo un’asta appesa a sfioro. Come si vede dal disegno, la collaborazione con Castiglioni porta ad un assottigliamento del corpo scorrevole, fino quasi a scomparire, lasciando solo una parentesi in metallo piegato. “Ho sostituito l’asta (ipotizzata da Manzù) con una corda metallica che, deviata, fa attrito e permette alla lampada di stare in posizione senza bisogno di alcuna vite” così Castiglioni sull’evoluzione di Parentesi (fonte: Fondazione Achille Castiglioni).

Parentesi è, come abbiamo visto nei primi articoli, un’ulteriore evoluzione della volontà di portare la luce al minor numero di elementi possibili. Un cavo tensionato, una sorgente scorrevole e un contrappeso a sfioro. L’equilibrio formale e statico della lampada sta in due fattori: la doppia curvatura del tubo in metallo e lo sfioramento del pavimento. Il primo, permette lo scorrimento della sorgente ma non la caduta. Il secondo, agevola la perfetta tensione del cavo d’acciaio. Anche in questo caso le finiture sono state definite per esaltare la sinuosità del portalampada: nero, bianco, rosso e nickel.

La semplicità di montaggio, quasi un ready made, è tra le prerogative premiate di Parentesi. Nei primi anni veniva venduta smontata, inserita dentro un blister in plastica termoformata trasparente, facilmente trasportabile. Ancora una volta il designer va oltre al semplice progetto dell’oggetto, inventa un imballaggio mono-materico d’immediata lettura del contenuto.

L’altra vincitrice è l’essenziale Parentesi disegnata da Achille Castiglioni con Pio Manzù (1939-1969), ovvero l’incontro tra un maestro del design con un maestro della carrozzeria moderna. L’idea di Manzù è quella di un cilindro in metallo, con sorgente luminosa, scorrevole lungo un’asta appesa a sfioro. Come si vede dal disegno, la collaborazione con Castiglioni porta ad un assottigliamento del corpo scorrevole, fino quasi a scomparire, lasciando solo una parentesi in metallo piegato. “Ho sostituito l’asta (ipotizzata da Manzù) con una corda metallica che, deviata, fa attrito e permette alla lampada di stare in posizione senza bisogno di alcuna vite” così Castiglioni sull’evoluzione di Parentesi (fonte: Fondazione Achille Castiglioni).

Parentesi è, come abbiamo visto nei primi articoli, un’ulteriore evoluzione della volontà di portare la luce al minor numero di elementi possibili. Un cavo tensionato, una sorgente scorrevole e un contrappeso a sfioro. L’equilibrio formale e statico della lampada sta in due fattori: la doppia curvatura del tubo in metallo e lo sfioramento del pavimento. Il primo, permette lo scorrimento della sorgente ma non la caduta. Il secondo, agevola la perfetta tensione del cavo d’acciaio. Anche in questo caso le finiture sono state definite per esaltare la sinuosità del portalampada: nero, bianco, rosso e nickel.

La semplicità di montaggio, quasi un ready made, è tra le prerogative premiate di Parentesi. Nei primi anni veniva venduta smontata, inserita dentro un blister in plastica termoformata trasparente, facilmente trasportabile. Ancora una volta il designer va oltre al semplice progetto dell’oggetto, inventa un imballaggio mono-materico d’immediata lettura del contenuto.

Due oggetti definiti da un’immediata lettura formale e funzionale, col tempo diventate icone ma che nelle intenzioni erano nati “per risolvere questo o quel problema” e poco altro.

(Disegno Atollo: Archivio Vico Magistretti)
(Tutte le immagini di prodotto: Archivio fotografico Fondazione ADI Collezione Compasso d’Oro)